Circa sette milioni di gatti sono ospitati in appartamento, mentre i cani, più impegnativi, sono circa 4 milioni e mezzo.

La compagnia degli animali ci fa stare bene; il contatto con altre specie svolge una funzione positiva per la nostra psiche e anche per il nostro corpo.

Tutto ciò ha anche un nome: pet therapy o pet facilitated therapy o uso terapeutico degli animali da compagnia, ossia una nuova scienza nata intorno agli anni Sessanta negli Stati Uniti che prevede l’uso co-terapeutico degli animali per il recupero e il mantenimento della salute umana attraverso un rapporto interpersonale tra l’uomo e l’animale.

Non si deve dimenticare che la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ritiene che “gli animali da compagnia, se correttamente accuditi, portano immensi benefici ai loro proprietari e alla società e non costituiscono un pericolo per nessuno”

Storia

Nonostante il recente interesse per la pet therapy, l’impiego degli animali da affezione nella cura delle malattie psichiatriche risale addirittura alla fine del ‘700. Già nel 1792 William Tuke, responsabile del Quarker Retreal di York, un istituto inglese per la cura dei malati di mente, incoraggiava i degenti a prendersi cura di conigli e polli, poiché riteneva che il contatto con queste creature più deboli, potesse aiutarli a migliorare il proprio autocontrollo.

Dobbiamo però aspettare quasi due secoli per trovare le prime esperienze di impiego degli animali, come veri e propri terapeuti. All’inizio degli anni sessantaBoris Levinson, un neuropsichiatra infantile, si accorse durante una seduta con un piccolo paziente autistico che questi comunicava con il proprio cane e anzi, alla fine della seduta, affermò che sarebbe ritornato solo se ci fosse stato anche l’animale.

Da allora Levinson iniziò a utilizzare frequentemente cani o gatti durante le sue sedute constatando che il gioco rappresentava, sia per il bambino che per l’animale, un mezzo di comunicazione. Inoltre i bambini si identificavano facilmente con gli animali e quindi la presenza di questi ultimi li aiutava a raccontare la loro vita e le loro paure.

Se inizialmente la pet therapy era rimasta legata alla cura delle patologie psichiche, attualmente viene estesa anche a quelle organiche. Erika Friedmannha dimostrato che accarezzare un animale da affezione porta a una significativa diminuzione della pressione arteriosa. James Serpell ha provato che in seguito all’acquisto di un animale le persone presentano una diminuzione del 50% delle malattie minori.

Logica conseguenza di tutte queste ricerche è il sempre maggiore impiego degli animali in ambito istituzionale. Dopo gli ospedali psichiatrici, anche negli istituti geriatrici e in quelli penitenziari, gli animali sono entrati per dare beneficio psicologico e, come abbiamo visto, anche fisico alle persone che vivono in questi luoghi. In entrambi i casi si è evidenziata una diminuzione delle depressioni e nelle carceri, persino, dell’aggressività tra i detenuti. 

Perché funziona

Nel loro libro "Between Pets and People; The Importance of Animal Companionship", i dottori Aaron Katcher (Università in Pennsylvania) e Alan Beck(Direttore della Delta Society) hanno elencato nove punti per cui la pet therapy è efficace:

  1. gli animali forniscono compagnia;
  2. ci offrono qualcosa da dover curare e che richiama la nostra attenzione (distogliendoci quindi dai pensieri angoscianti della vita);
  3. sono esseri attivi, in movimento, vivi;
  4. sono una presenza costante nelle diverse fasi evolutive della nostra vita;
  5. ci fanno sentire accettati e quindi favoriscono il rapporto con le altre persone;
  6. attraverso i loro giochi, e a volte i loro buffi modi di muoversi, ci spingono al sorriso;
  7. rappresentano un ottimo stimolo all’esercizio fisico;
  8. accarezzandoli e spazzolandoli ci rendono più rilassati e tranquilli;
  9. sono piacevoli non solo da accarezzare, ma anche da guardare.

Precauzioni

Qualunque sia il campo di impiego della pet therapy, per ottenere un valido risultato devono però essere rispettate attentamente alcune condizioni:

  1. l’animale deve essere scelto con attenzione, valutando anche le caratteristiche del paziente. Ad esempio, è sconsigliabile affidare a una persona anziana un grosso animale;
  2. deve essere studiato un programma di intervento preciso;
  3. deve essere tenuta sotto stretto ed attento controllo la salute dell’animale;
  4. devono essere valutate precedenti esperienze positive con animali domestici.

In tutti i casi l’animale non deve essere sottoposto a condizioni stressanti o innaturali, poiché sarebbero in grado di alterare le sue caratteristiche innate e quindi si verrebbe a rovinare anche il rapporto con il paziente che deve essere basato su condizioni naturali, istintive e armoniose.

Nel caso della pet therapy il valore terapeutico dell’animale è racchiuso proprio nelle sue condizioni naturali e istintive. Insomma l’animale, per potere aiutare la persona, deve comportarsi come la sua indole gli suggerisce. D’altra parte, storicamente, tutti i primi casi di impiego degli animali da affezione come terapeuti, sono stati casuali e hanno utilizzato animali che si trovavano occasionalmente vicini al paziente e per questo motivo non erano stati affatto addestrati a compiere determinate azioni.

Certamente non tutti gli animali sono adatti per la pet therapy. Come esistono uomini aggressivi, esistono anche animali aggressivi. In questo caso non devono essere addestrati a comportarsi in maniera più mansueta: semplicemente non devono essere impiegati nella pet therapy.

Nel caso dell’addestramento, l’intento è quello di insegnare comportamenti che non sono caratteristici di quella determinata specie animale. L’addestramento consiste proprio nella forzatura dell’istinto e quindi nello stravolgimento dei comportamenti innati.

Concludendo, ritengo che la pet therapy, se applicata secondo i criteri originari, risulta assolutamente rispettosa degli animali e quindi anche dei loro diritti. Anzi rappresenta una maniera naturale di valorizzare il rapporto uomo-animale. Questi ultimi infatti non solo non vengono percepiti come nocivi per gli esseri umani, ma addirittura come utili nei processi di guarigione.

Inoltre la pet therapy dimostra come gli animali possiedano sentimenti che fino a poco tempo fa venivano negati. Altruismo, tenerezza, spirito di sacrificio (non indotto!), affezione ai pazienti, vengono spesso trasmessi più dagli animali che li circondano, che dalle persone.

 

tratto da “Enciclopedia delle Discipline Bio-naturali”,
Valerio Sanfo, ed A.E.ME.TRA.

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