Desueta pratica religiosa, particolarmente in auge durante l'XI e il XII secolo, che consisteva nel curare disparate malattie facendo assumere per via orale o topica l'acqua utilizzata per lavare il reliquiario di un Santo.

L'uso dell'Acqua Santa fa parte della medicina teologica ed è considerato, nell'ambito cristiano, un metodo farmacologico, tanto da conservare tale acqua in piccole fiale da usare nel momento del bisogno; il potere risanatore di questa particolare acqua era attribuito alle energie che scaturivano dalle reliquie e che venivano trasmesse al liquido.

Sovente l'Acqua Santa si otteneva immergendo volutamente la reliquia nell'acqua che veniva bevuta dall'infermo, o con la quale venivano bagnate alcune parti del corpo, e pare desse buoni risultati per le malattie degli occhi.

Il ricorso a questa pratica terapeutica, ritenuta potente ed efficace, è man mano scemato; è ancor oggi presente, ma immergendo fiori (Madonna dei fiori di Bra), icone e altro materiale ritenuto sacro.

Tra le più conosciute Acque Sante va menzionata l'Acqua di Sant'Ignazio, che si otteneva immergendo una medaglia benedetta dedicata a Sant'Ignazio; tale acqua veniva utilizzata quale prevenzione delle malattie, ovvero proteggeva chi la beveva; il suo potere apotropaico era maggiore se era una reliquia del Santo ad essere immersa.

Altra particolare Acqua Santa è l'Acqua di San Vincenzo Ferrer, riferita ad un frate domenicano (1350-1419 ca.) ritenuto un grande guaritore, il quale formulò una speciale benedizione dell'acqua, che assumeva caratteristiche terapeutiche: una particolare formula di benedizione che venne tramandata tra i frati domenicani.

In generale l'Acqua benedetta è potenzialmente una sostanza terapeutica e la pratica della benedizione dell'acqua è presente in tutte le religioni, sia in Occidente che in Oriente.

Per saperne di più:
Michael Walsh, Il grande libro delle Devozioni Popolari, 2000, PIEMME 

tratto da “Enciclopedia delle Discipline Bio-naturali”,
Valerio Sanfo, ed A.E.ME.TRA.

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