La “cura dell’uva” veniva praticata dalle antiche popolazioni arabe, dagli antichi romani e nell’antica Grecia; il termine ampeloterapia deriva dal greco “ampelos” che significa vite.

Per “cura dell’uva” non si intende un alto consumo del frutto, ma un programma dietetico nel quale l’uva viene considerata quale rimedio, con azione terapeutica, quindi ingerita secondo precisi canoni.

COMPOSIZIONE CHIMICA

Il frutto contiene numerose sostanze salutari quali: glicidi (glucosio e fruttosio o levulosio), pectina, gallati, oli eterei aromatici; acidi organici: malico, succinico, salicilico e tartarico; fosforo, calcio, magnesio, rame, manganese, ferro, sodio. Vitamine A, B1, B2, C e PP.

Nella buccia: flavonoidi, enocianine, tannini e cremortartaro; tali sostanze variano a seconda del colore dell’uva: nelle rosse prevale l’enina, nelle bianche l’enoflavina.

Nella buccia dell’uva sono presenti importanti sostanze con proprietà antiossidanti quali i polifenoli, i flavonoidi e le antocianine.

Nei semi, detti vinaccioli, è presente l’8% di olio (con il 70% di acido linoleico), il 54% di cellulosa, il 31% di acqua, inoltre: amido, tannini e sali minerali. L’acido linoleico è un acido grasso polinsaturo essenziale, che è presente nell’olio ottenuto per premitura a freddo dei vinaccioli. Il suo consumo è indicato nelle ipercolesterolemie, ateromatosi, e affezioni cardiovascolari.

E’ importante tener conto delle innumerevoli varietà di uva presenti sul mercato, e delle caratteristiche del terreno nel quale la vite cresce, perché il contenuto dei principi attivi è condizionato da tali fattori.

PROPRIETA'

La cura dell’uva consiste nel nutrirsi degli acini, oppure nel bere esclusivamente il succo, o ancora nel ricorso ad ambedue le pratiche. Quando si mangia, l’assunzione prevede in media il consumo da 500 grammi sino a 2 chili al giorno, per un periodo di tre settimane, ma alcuni testi riportano anche 30 giorni. Gli acini vanno masticati lentamente, ingerendo bucce e semi.

Nei tempi passati l’ampeloterapia si presentava quale metodica terapeutica olistica, difatti la cura si svolgeva in campagna, e l’uva veniva raccolta al mattino presto, quando era ancora coperta di rugiada. In tal guisa l’ambiente rurale, il clima, la rugiada e gli effluvi della natura sinergizzavano la sostanza alimentare.

Nei soggetti predisposti alla sindrome dell’intestino irritato, è sconsigliato l’ingerimento della buccia e dei vinaccioli, in questi casi si ricorre esclusivamente al succo, ottenuto da mezzo chilo d’uva e aumentando sino al succo di 3 – 4 chilogrammi al giorno, incrementando gradatamente nell’arco delle tre settimane di trattamento. 

La cura dell’uva è indicata nelle anemie, convalescenze, durante la gravidanza, nell’astenia, nell’artritismo e nella stipsi. Può servire negli stati febbrili, nei soggetti sofferenti di nefrite, azotemia, edemi, nei disturbi dell’ipertensione, nelle dermatosi. Principali proprietà: energetica, rimineralizzante, disintossicante (favorisce il drenaggio organico) e diuretica. E’ sconsigliata alle persone in sovrappeso e alle donne durante il periodo mestruale.

L’aspetto peculiare del contenuto del succo d’uva è che a contatto con i succhi gastrici forma dei carbonati alcalini (presenti nel sangue, linfa, chilo) neutralizzando gli acidi e mantenendo l’alcalinità dei liquidi fisiologici.

In alcuni casi la cura dell’uva si limita al consumo aggiuntivo alla normale alimentazione, mangiandone circa 250 grammi prima dei pasti per la durata di 3 - 4 settimane. In questo caso il soggetto deve attenersi ad una scrupolosa dieta programmata e personalizzata.

Oltre al consumo dell’uva o del suo succo, l’ampeloterapia abbraccia altri usi, come quello del succo agreste (ottenuto prima della maturazione), utilizzato quale rinfrescante negli stati febbrili e sotto forma di sciacqui nelle angine e stomatiti.

L’uva passa viene consigliata nelle affezioni polmonari, vescicali, renali ed epatiche.

La linfa che sgorga in primavera dai tralci tagliati, serve in casi di calcolosi renale e biliare; instillata negli occhi è utile nelle oftalmie; in impacchi sulla cute quale cicatrizzante.

Inoltre è d’obbligo menzionare l’uso delle foglie della vite (Vitis vinifera), nell’ambito della fitoterapia. Esse vengono utilizzate nei disturbi della  circolazione sanguigna periferica, in particolare a sostegno dei microcapillari; espletano anche un’azione astringente per la presenza dei tannanti, e sottoposte a distillazione (idrolato) un’azione diuretica.

 

tratto da “Enciclopedia delle Discipline Bio-naturali”,
Valerio Sanfo, ed A.E.ME.TRA.

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