Il termine alchimia trae le sue origini dall’Arabia, verso il 600, e deriva da al-kimya che significa agente trasformatore, (ma anche terra nera).

Uno dei principi fondamentali dell’alchimia afferma l’esistenza, in ogni parte della creazione, di una sostanza primordiale, chiamata materia prima. Questa sostanza non va confusa con il vero elemento materiale (massa, volume), ma intesa come un ente immateriale, dal quale la materia viene generata nelle sue molteplici rappresentazioni.

L’alchimista è colui che estrae questo pre-elemento.

Trasformazione alchemica

Trasformare una sostanza in materia prima vuol dire aver raggiunto il suo centro di generazione, e la trasmutazione alchemica ne indica il cammino.

L’operatore diventa il catalizzatore universale (l’uomo-Dio) in grado di trasformare il vile in nobile, il ferro in oro, la feccia in spirito; ovvero raggiunge il nucleo embrionale generativo dell’idea prima.

Mutare il metallo vile in oro vuol dire eliminarne le impurità e riportarlo allo stadio di purezza a cui apparteneva prima della degenerazione.

Elementi di trasformazione: scintilla e fuoco

Perché avvenga la mutazione, necessita la presenza di un elemento catalizzatore, che viene chiamato: scintilla, seme, luce o pietra filosofale.

Nel linguaggio anagogico, alchemico, si riscontrano termini quali: Zolfo, Mercurio, Vitriolo, Azoto, Acqua Regia, Oculus auri, Padre della pietra, ecc., o altri quali: Coagulare, Solvere, Sublimare, Digerire, Fermentare, ecc.

Così, ad esempio, il Mercurio (argento vivo), come metallo liquido rappresenta una fase transitiva e racchiude il principio maschile e femminile (androginia); l’icona dell’Unicorno ammansito dalla Vergine ne è la sua rappresentazione.

Un elemento indispensabile all’alchimista è il fuoco, il quale permette di ricreare l’ambiente primordiale. Con il suo calore si attua l’evaporazione, la sublimazione e la distillazione, separando così il denso dal sottile, il materiale dallo spirituale.

Il percorso esoterico

L’alchimista non è l’uomo sciocco che cerca di poter trasformare il ferro in oro, ma è colui che sceglie una delle tante strade dell’iniziazione.

I veri alchimisti hanno usato, e usano, un linguaggio ermetico, cifrato, codificato, che deve essere appreso e utilizzato.

La separazione dell’ essenza delle piante, tramite distillazione, rientra nell’ accostamento simbolico - semantico; per essenza l’ alchimista intende l’ essenziale, il cuore, o meglio, l’anima della pianta.

La Quinta Essenza diventa l’eponimo della realizzazione, essendo l’essenza per eccellenza.

Confondere la chimica odierna come derivato gnostico dell’arcana alchimia, vuol dire non comprendere che la prima applica solamente il principio di affinità e analogia che l’anima del vivente palesa (animale, vegetale, minerale), mentre la seconda (l’alchimia), indica un cammino esoterico, la cui gnosi porta alla dimensione cosmica.

La chimica è nata dall’alchimia, quale fatto esteriore, come applicazione di conoscenze esoteriche (palesi), la cui fenomenologia, ovviamente, trova corrispondenze anche nelle leggi della fisica. L’alchimia comunica con il mondo degli elementi, e attraverso la corrispondenza simbolo-idea, indica all’ uomo il cammino della riconciliazione.

Nella chimica, quando si innesca una reazione, operando nel nome dell’affinità, si compie un'opera rivolta verso gli effetti, mentre l’alchimista, nel suoAtanor, rivolge l’attenzione al mondo delle cause prime, e opera la grande trasformazione alchemica. In questo contesto l’alchimia si presenta come medicina universale.

 

tratto da “Enciclopedia delle Discipline Bio-naturali”,
Valerio Sanfo, ed A.E.ME.TRA.

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