Secondo l'antico credo induista, la creazione è composta da due energie principali: la prima chiamata AKASA e la seconda PRANA.

Il prana, dalla radice an, "respirare" significa "soffio vitale" o più in generale "principio vitale".

Il soffio vitale pervade ogni cosa, ogni parte della creazione, portatore del movimento, della ciclicità, dei ritmi vitali.

Il prana proviene dall'Atman, l'anima suprema, il principio immortale.

La Prasna Upanisad (terzo quesito, terzo sloka) asserisce: "Il prâna proviene dall'âtman. Come l'ombra si estende per la presenza del corpo, così l'energia vitale si esplica per l'esistenza dell'âtman. Il prâna penetra nel corpo in seguito all'azione della mente".

Il prana è il respiro cosmico che l'uomo ritrova nella sua attività respiratoria, il concetto è sempre lo stesso: macrocosmo e microcosmo si trovano interlacciati e comunicanti, così se nell'uomo il respiro vivifica il corpo, così nel cosmo esso alimenta ogni realtà.

Affinché il prana possa raggiungere i tessuti del corpo, bisogna che sia trasformato in un codice che possa essere compreso dalla psiche, e questa funzione compete al corpo astrale. Il corpo astrale, o Kâma Rûpa, permette di desiderare, di gioire e di soffrire, e solo nell'ambito di una scelta duale tra penalizzazione e gratificazione si può attuare l'idea della salute o dell'energia che sana.

Nel corpo astrale il prana si incanala nella parte della testa e secondo lo yogi Ramacharaka grazie all'azione che la mente sviluppa, questo scende verso il basso, usando quali stazioni di irraggiamento i chakras.

Il soffio vitale o grande respiro è strettamente connesso alla mente e senza la cosciente presenza di questa non è possibile usufruire del prana.

E' la volontà che deve incanalare il prana, ricordando che comunque questo è superiore alla mente; ma è l'uomo che deve adeguarsi al cosmo e non viceversa. Si potrebbe dire che la mente viene vitalizzata dal prana e ciò accade per l'atteggiamento mentale rivolto ad una volontà libera e volente. La Maya, quale elemento condizionatore e limitativo, deve essere vinta e annientata.

Questo potere viene anche detto: "potere della personalità", per indicare la vittoria della mente sui sensi e il controllo delle emozioni.

"Controllo del prana significa controllo della mente. La mente non può operare senza l'aiuto del prana". (Sivananda, 1992, p.93).

Si delinea, così, una coppia: prana-mente; ma per attuare praticamente il metodo del controllo del prana bisogna cercare nelle funzioni umane ciò che più si allaccia all'idea dell'elemento che ci unisce con il creato. La scelta non può che cadere sull'atto respiratorio, questo dare e avere continuo con l'ambiente esterno, il prelevare l'aria condivisa da tutti gli altri esseri viventi; ecco che nel pranayama si attua il controllo del respiro esercitato dalla mente, per controllare il prana che scorre all'interno del corpo.

Un respiro controllato comporta quale risultato un autocontrollo delle varie parti del corpo, una loro buona interazione, una armonica collaborazione, insomma il mantenimento dello stato di salute psico-fisico.

Il compito del pranayama è di pulire i canali (nadis) nei quali circola l'energia vitale e conciliare le due correnti ida e pingala, che solo nell'armonica correlazione di un terzo polo, quello neutro, ovvero il canale centrale sushumna può, conciliando gli opposti, indicare la via di mezzo, simbolicamente segnata dalla sospensione dell'atto respiratorio (kumbhaka).

Nell'ambito scientifico la pranoterapia ha trovato alcuni rari sostenitori, si tratta prevalentemente di medici aperti alle innovazioni, che accettano gli indirizzi terapeutici non ortodossi. Il dott. Ciannella, aiuto Primario Pneumologo all'Ospedale "V. Monaldi" di Napoli, durante il III Congresso Internazionale di Pranoterapia, svoltosi a Bari nell'aprile dell'’88, relazionava esponendo una ipotesi scientifica, basata sul principio dell'irraggiamento, quale veicolo del prana.

Leggiamo a tal proposito un passaggio della sua relazione:

"MATERIALE E METODO

Nel corso dello studio realizzato presso l'ospedale "V. Monaldi" di Napoli ho dimostrato che tale «fluido», apparentemente misterioso, è formato prevalentemente da Radiazioni Elettromagnetiche tipo Raggi Infrarossi (R.I.) emessi dalle mani. (Ciannella).

Tali Radiazioni sono rese coerenti dalle Onde Cerebrali Alfa del terapeuta con una azione finale tipo «Laser Biologico». (Lapi).

In tal modo si svilupperebbe l'azione terapeutica del Prana: è questa l'Ipotesi che abbiamo rappresentato nello schema seguente e che è da verificare.

La Cute, dove si applica il prana, è la sede di somministrazione e di assorbimento più naturale che esista; essa è formata da due strutture: l'epidermide e il derma. Nell'epidermide si trovano anche le terminazioni nervose, nel derma si trovano, accanto ai vasi, gli organi del tatto, del dolore, e del senso termico, i cosiddetti Recettori cutanei, che sono stimolati con il Prana.

E' risaputo che l'Apparato tattile è più pronto di qualsiasi altro organo di senso nella sua risposta e che la sensibilità dei Recettori cutanei è probabilmente molto maggiore di quello degli stessi tronchi nervosi".

Come molte altre discipline derivanti dall’etnomedicina, anche la pranoterapia tende a fregiarsi di tale attribuzione: pranoterapia olistica.
Siccome “olismo” indica il tutto nella sua completezza, per pranoterapia olistica si intende il connubio di tutte quelle metodiche e pratiche naturali inseribili a pieno titolo nel contesto pranico, vuoi per sinergizzare o per complementare tale arte.

Nella pranoterapia olistica si rintraccia il seguente decalogo, proprio dell’olismo:

  1. naturalità dell’intervento
  2. non nuoce; nessuna controindicazione
  3. si interviene sugli squilibri; manca il concetto di malattia
  4. si tiene conto dell’unicità dell’individuo
  5. ottempera la presenza dei cicli biologici
  6. si basa sulla legge del bipolarismo relativo
  7. opera sul terreno biologico (e non sull’agente patogeno)
  8. sposa la visione gestaltica “la somma delle parti è più del tutto; dipendenza del tutto”
  9. ogni azione si ripercuote sul tutto; è sistemica
  10. il terapeuta è parte attiva del trattamento.

Nella pranoterapia olistica, la malattia viene intesa quale risposta compensatoria ad uno squilibrio, ovvero una occasione di cambiamento e di crescita.
A causa della diversità tra i singoli individui, non si possono stabilire protocolli terapeutici generali; ogni intervento armonizzatore si modella alla persona, essendo ogni squilibrio unico nel suo genere, nella sua eziopatogenesi.

 

tratto da “Enciclopedia delle Discipline Bio-naturali”,
Valerio Sanfo, ed A.E.ME.TRA.

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